Nel mio precedente articolo ho parlato di temi come cambiamento e abitudine al distacco. Temi secondo me ricorrenti per un expat. Se non lo hai ancora letto lo trovi qui.
Dopo questa quarantena in cui tutti abbiamo vissuto e provato varie fasi ho pensato di chiedere a 6 amiche italiane expat in olanda come hanno vissuto la quarantena da expat.
Sono emersi temi di cui parlo da tempo come un conflitto culturale tra il posto da cui proveniamo e quello in cui viviamo. E come immaginavo è sempre presente lo sguardo critico di chi conosce due realtà culturali diverse e cerca di utilizzare gli strumenti giusti per analizzarle. Cosa non sempre facile.
Inoltre ho chiesto loro di condividere anche quale fosse l’ultima foto scattata al cellulare prima dell’inizio del lockdown. Il risultato è sorprendente.
Indice degli argomenti
EXPAT IN QUARANTENA
Prima di parlare di ciò che mi hanno raccontato, le presento e le ringrazio per aver chiacchierato con me di questa fase così particolare della loro vita.
LE INTERVISTATE
Ilaria Mangiardi: viene da Milano e vive ad Amsterdam da 6 anni. Lavora come Creative Copywriter & Content Manager @ MassiveMusic
Luana Costantino: viene dalla Puglia e vive ad Amsterdam da quasi 3 anni. Lavora presso uno studio odontoiatrico ed è assistente alla poltrona.
Serena Giust: Viene dal Veneto e vive a Haarlem da 3 anni e mezzo.
Claudia Lorusso: viene dalla Puglia e vive ad Amsterdam da 2 anni e mezzo. Lavora come Global Social Media Coordinator @ MCI
Angelica Vigilante: viene da Napoli dal 2012 e lavora come Brand Communications Manager.
Paola Ragnoli: viene da Roma e vive ad Utrecht da 4 anni. E lavora nell’Hospitality / hotel.
Tutte loro hanno risposto a domande sul cambiamento e sul rapporto ITALIA/OLANDA nella situazione covid. Ecco la nostra chiacchierata!
La tua vita è cambiata dall’inizio della quarantena? Se sì come?
ILARIA: Decisamente. Sarò uscita sì e no 6-7 volte in due mesi, principalmente per andare a fare la spesa quando non riuscivo a farla online. Penso di essere cambiata molto internamente, mi sento molto più ‘grounded’ e sono finalmente riuscita a dar voce a qualche progetto che mi bazzicava nella testa da tempo. Ho passato molto tempo a scrivere (principalmente poesie) e ho tenuto il mio primo workshop di scrittura creativa via Zoom! Ora soffro un po’ la ‘sindrome da capanna’ e so che sarò molto più selettiva di prima per quanto riguarda come e con chi trascorrere il (sempre poco) tempo a disposizione.
LUANA: Ho solo smesso di lavorare per 6 settimane, ma fondamentalmente non è molto cambiata.
SERENA: Il lavoro prosegue, ma da casa. Niente più attività sportive di gruppo, ma solo corse e passeggiate in solitaria. Prima tornavo in Italia una volta al mese, ora sono ferma qui da inizio anno.
CLAUDIA: Suona strano pensarlo, ancor di più metterlo nero su bianco: io ho la netta sensazione che effettivamente la mia vita sia cambiata durante questa quarantena, ma cambiata in meglio.
Per contesto credo sia giusto ricapitolare come fosse la mia vita prima del lockdown e poi come in effetti io penso che sia migliorata.
Considero la mia vita quanto più di “normale” si possa pensare per una millennial-expat: un lavoro 9-5, uno stile di vita fatto di palestra, aperitivi con gli amici, un partner stabile, e anche tante social-media-relationships. Per ricapitolare, penso che durante questa quarantena io sia riuscita ad applicare uno dei principi fondamentali dell’architettura e del design “Less is more” di Mies Van Der Rohe. Sono convinta che questa quarantena abbia tolto tanto, ma ha anche dato tanto a coloro che avevano la voglia di focalizzarsi sulle cose che sono essenziali per noi e che ci rendono felici.
ANGELICA: Sì, come quella di chiunque non conducesse una vita eremitica. Ho cominciato il telelavoro, praticato diligentemente l’isolamento e il distanziamento sociale quelle poche volte che sono uscita, interrotto la frequentazione di palestre e piscine, sospeso gli eventi culinari che organizzavo periodicamente con la community del mio blog, eccetera. Mi sono saltate anche trasferte di lavoro e visite ai familiari in Italia. Il mio lavoro – legato al turismo – è diventato a rischio, ma anche più intenso per la necessità di gestire la crisi.
Sei contenta di come l’Olanda ha gestito questa fase 1 (fino al 1 giugno)?
Su 6 solo 2 (Serena e Paola) sono soddisfatte di come l’Olanda ha gestito tutta la fase covid. Serena ad esempio dice che pensa sia stato un buon compromesso per salvaguardare dove possibile alcuni posti di lavoro (bar e attività aperte per asporto da subito), condizione psicologica (possibilità di camminare all’aperto con partner e famigliari).
ILARIA: Direi di no. Per la prima volta in 6 anni, mi sono sentita delusa da questo paese. Per come ha gestito in linea di massima, per come ha deciso di chiamare il suo semi-lockdown (chiamarlo ‘intelligent’ denota, a mio parere, una mancanza di empatia nei confronti degli altri paesi che hanno adottato un lockdown più intenso). Ho visto molto individualismo anche dalla mia stretta cerchia di conoscenze, mi sarei aspettata molta più prudenza e solidarietà.
LUANA: Non ho visto un livello molto alto di precauzioni. La gente qui, ignora il contagio. Dal mio canto, ho cercato di essere più previdente possibile. E comunque vorrei che l’Olanda riaprisse le frontiere verso l’Italia, senza alcun vincolo.
CLAUDIA: Credo l’Olanda abbia sottovalutato la gravità del COVID e le conseguenze che ne derivavano, lasciando moltissime libertà ai cittadini.
Non sono molto contenta di come l’Olanda abbia gestito la “fase 1” soprattutto nella fase iniziale.
ANGELICA: Non so ancora farmi un’opinione definitiva, ma certo resto ancora sbigottita a non vedere nessuno che indossa le mascherine e la frequenza con cui le persone tossiscono e starnutiscono in pubblico senza coprirsi la bocca. Inizialmente ero molto critica rispetto l’approccio olandese, mi ha preoccupato il ritardo con cui si è agito e la mancanza di una vera imposizione del distanziamento sociale. Tuttavia, penso di non avere le competenze e le informazioni necessarie ad emettere un giudizio, specie ora che il pericolo è tutt’altro che passato e le persone circolano più liberamente.
Avresti preferito essere in Italia?
4 hanno risposto no, ma Ilaria ha condiviso un appunto interessante che si collega a quanto ho scritto io nel mio post precedente.
ILARIA: Non so dirtelo. Sicuramente avrei preferito essere in Italia per dare supporto e aiuto (non solo morale) alla mia famiglia, ma considerata la situazione congiunti (che comunque sono riusciti a vedersi solo pochi giorni fa) probabilmente non avrebbe fatto grande differenza se io fossi stata o meno in Italia. Sicuramente essere expat durante la pandemia ha delle ripercussioni diverse rispetto a chi vive nel proprio paese.
Paola invece sottolinea un pensiero (forse comune) a tutti gli expat italiani in Olanda: avrebbe preferito essere in Italia non per la gestione dell’intera situazione ma per l’assistenza e la competenza medica.
C’è qualcosa che hai imparato in questi 2 mesi e che vorresti condividere con chi ci legge?
ILARIA: Non dire sì agli altri se questo equivale a dire no a noi stessi. Coltivare le proprie passioni a prescindere da quello che pensano gli altri. Tenersi stretti gli affetti che contano davvero.
LUANA: Ho imparato che tornare a casa non sempre si può e che i soldi non possono comprare la libertà.
SERENA: Che nulla è davvero sicuro, dobbiamo prima di tutto lavorare su noi stessi.
CLAUDIA: Suonerà forse banale, ma c’è una frase di Charles Swindoll che secondo me ha avuto molta influenza su come ho affrontato questi 2 mesi: “La vita è per il 10% cosa ti accade e per il 90% come reagisci.”
Credo che in una situazione senza precedenti come questa, in cui ci sentiamo completamente impotenti di fare qualsiasi cosa, essere consapevoli della forza che può avere la nostra “attitude” nel trasformare una cosa negativa in qualcosa di positivo, sia fondamentale. Mantenere la “glass half-full” mentality anche nelle situazioni peggiori insomma.
ANGELICA: Tralasciando le lezioni di cui avrei fatto a meno, ho imparato a cucire e sto facendo mascherine per gli amici: raccolgo abiti e stoffe vecchie e le trasformo in mascherine lavabili da donare.
PAOLA: Sono state svolte sessioni di meditazione collettiva mondiale; evidenze scientifiche hanno misurato modifiche alla risonanza di Schumann alla fine di ogni sessione, dando così prova del potere della mente umana.
Se anche tu sei un expat o hai vissuto una quarantena che vuoi condividere, scrivimi!
Da Italiana ad Amsterdam (vivo qui da 1 anno e mezzo) mi sono ritrovata in molte cose dette in questo articolo, e con molto sollievo perché uno dei miei disagi in questo lockdown da expat è stato proprio il non vivere un’esperienza comune a tutte le persone attorno a me (penso ai balconi in Italia, e alle mille iniziative di solidarietà che hanno rafforzato il senso di comunità nei quartieri delle nostre città).
Qui all’isolamento da lockdown si è aggiunto l’isolamento psicologico da “sono la sola a vivere tutto questo, mentre tutto il resto della città approfitta dello smart working per prendere il sole a Vondelpark” e mi prende pure in giro per quanto poco “intelligent” sia il lockdown nel mio paese…
Quindi GRAZIE Valentina 🙂
Io i primi tempi della fase 1 olandese sono stata sinceramente spaventata; l’attitudine olandese ad essere “down-to-earth” e minimizzare tutto mi ha sempre reso molto ansiosa (non è esattamente il mio approccio nell’affrontare un problema), soprattutto se abbinata ad un sistema sanitario che da italiana definirei come minimo frustrante, il tutto nell’ambito di un’emergenza sanitaria mondiale…
Ora sto ricominciando ad uscire per piacere e non solo per arrivare al supermercato, e nei prossimi giorni vorrei anche incontrare qualche amico, magari addirittura ricominciare ad andare per mostre e musei 🙂
ps. sul mio blog ho scritto un post sul mio primo mese di lockdown ad Amsterdam (https://www.blocal-travel.com/just-me/amsterdream/coronavirus-my-first-month-of-isolation/) e ho pubblicato un video sul ricominciare ad uscire di casa semplicemente per godermi la città, dopo 3 mesi di lockdown (https://www.blocal-travel.com/video/out-again-after-lockdown-amsterdam/). Ora voglio continuare a scrivere di questo argomento, anche perché scrivere sul blog è uno dei piaceri che ho riscoperto durante il lockdown!
ciao giulia! si, la nostra esperienza a metà è sicuramente diversa dagli autoctoni, soprattutto per le continue negative news che arrivano dall’italia. Ma forse ora stiamo arrivando a una situazione di parità tra le due nazioni e possiamo iniziare a non vivere un dualismo culturalcovid. speriamo 🙂
si, sicuramente ora sono più propensa a prendere in considerazione anche i “pro” di aver fatto la quarantena qui ad Amsterdam… anche se mi sto chiedendo se voglia rimanere a vivere qui, questa esperienza mi ha insegnato che il mio essere ad Amsterdam non è più “un’avventura” ma se decido di restare devo assumermi la responsabilità degli aspetti negativi della vita da expat… un po’ come dicevi tu in un vecchio post 😉